Il Regno dello Scrittore ~ Fan Fiction Forum

Diamond Night

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CAT_IMG Posted on 18/7/2012, 10:27
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Da una notte di luna piena <3

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Titolo: Diamond Night
Fandom: Originali, Fantasy
Rating: Giallo
Genere: Fantasy, Comico, Romantico
Avvertenze: Lievi accenni Yaoi xD
Disclaimers: //
Riassunto: Helena Baker ha unidici anni quando Kim Clarke diventa - dopo cinque anni di odio e dispetti- sua amica. E ne ha sedici quando nella sua vita entrano prepotentemente Bonnie, Jenny, Eric e Juliet.
Questa è la storia di come, a volte, l'amicizia può battere persino la morte.
Note: Che dire?xD
Questa è una storia a cui lavoro da sec..okay, a cui lavoro da un pò. E boh, spero che possa vedere la luce come libro vero e proprio, anche se non avverrà mai xD


Prologue

Plant your sword in the ground,
broke the spear and burn the pieces.
The war is over, but what is the price?
The earth cries, watered by our blood.
Break your arrows, wet blood enemy
and that our words can come to you
like a breath of wind.
The war is over, but what is the price?
Plant your sword in the ground,
broke the spear and burn the pieces.
Our peace has the taste of death.





Le offerte sacrificali bruciavano sul fuoco lento accompagnate dalle voci delle sacerdotesse: quello era il canto di coloro che perdevano la vita in battaglia, il canto che faceva risuonare nelle orecchie di chi lo ascoltava le urla di guerra, il rumore dei duelli.
Una melodia che evocava immagini di morte e che lasciava nel cuore solo il freddo che la guerra e la disperazione di una perdita sapeva portare.
Nevicava.
Piccoli fiocchi di neve danzavano nell'aria come lucciole senza luce e il paesaggio imbiancato rendeva tutto quello - il nero degli abiti, il nero delle coccarde intrecciate alle corone di fiori, le lacrime sui volti e le parole vuote- quasi ridicolo.
Le parole del prete le giungevano ovattate, quasi provenissero da chilometri di distanza. Parole che parlavano di coraggio, di fratellanza, di una speranza che era stata mantenuta viva anche quando tutto sembrava perduto: parole vuote, che le pesavano come macigni.
Ma che ne sapeva quello?
Che ne sapeva del dolore nel vedere morire le persone a cui tieni? Della paura di un adolescente nel vedersi addossare responsabilità troppo grandi per essere espresse?
Della tristezza di quei ragazzi ogni volta che si trovavano davanti alle lacrime di una madre, disperata per la perdita del figlio?
Avrebbe voluto urlare, dimenarsi, ribattere. Gridare che quegli eroi erano dei ragazzini che aveva visto crescere, degli adolescenti con tutta una vita davanti, dei progetti, un futuro.
Ma rimase zitta, le labbra strette in una linea sottile sotto il velo nero che le copriva la faccia e le mani intorno al corpo per proteggersi dal freddo che dal mausoleo sembrava volerle entrare nel corpo. Gli occhi fissavano ostinatamente le bare di ghiaccio che lei stessa era stata costretta a preparare con la magia, in modo tale che -come il loro ricordo- anche i loro corpi si conservassero perfettamente nel ghiaccio perenne.
Trattenne un sorriso amaro mentre a un cenno del parroco degli stregoni sollevavano le bare e le portavano dentro le rispettive tombe.
Il mausoleo era a pianta circolare: sul pavimento di ghiaia era stata fatta disegnare una stella a sette punte e ognuna era puntata verso una piccola costruzione a due piani, di marmo, sulla cui sommità era stata posta una statua rappresentante uno dei sette.
Una costruzione magnifica, qualcosa che i posteri avrebbero ricordato come il simbolo dell'amor patriae per eccellenza.
A osservarlo lei avrebbe solo ricordato il volto delle persone che erano morte per un regno in cui, per ora, la pace era un miraggio di cui gli abitanti si stavano nutrendo con ostinata cocciutaggine.
Cosa sarebbe successo quando - ed era sicura che ci sarebbe riuscito- lui avrebbe infranto la prigione che lo rinchiudeva al momento?
Poteva passare un giorno, un minuto, un anno.. Nessuno sapeva con esattezza quanto i muri del castello in cui era stato chiuso avrebbero retto: ma quel che era certo era che il prigioniero non avrebbe mai smesso di pensare a un modo per fuggire, per completare la sua vendetta..
Col cuore gonfio di tristezza e di dolore voltò le spalle a quello spettacolo di morte - il nero degli abiti, il nero delle coccarde intrecciate alle corone di fiori, le lacrime sui volti e le parole vuote- e uscì dall'edificio.
Nevicava.
Camminò in silenzio, raggiungendo una panchina: vi si abbandonò sopra, chiudendo gli occhi.
Era stanca.
Erano state giornate dure, un pò per tutto. Tra l'organizzazione del funerale, la realizzazione di quelle bare e la preparazione dei cadaveri - che aveva voluto lavare e vestire da sola- non aveva avuto nemmeno il tempo di riposare. O la voglia di farlo.
Tutto giaceva immobile, spossato quasi quanto lei. Non si udiva soffiare il vento, nè il parlottare dei bambini, nè il cinguettare degli uccellini: c'era solo un silenzio di morte, un vuoto inquetante che inglobava tutto l'ambiente circostante.
Tutto era immobilie. Anche il tempo sembrava essersi fermato, timoroso di interrompere quell'atmosfera pesante.
Aprì gli occhi.

«Non fare il bambino e smettila di mangiare!»
«Ma io ho fame! Sei cattiva, non puoi pretendere che io sia preparato al massimo se poi non posso mangiare quanto mi va!»
« Ma.. Hai divorato almeno tre o quattro tonnellate di dolciumi!»
« Su ragazzi, smettetela di litigare..»
« Amyria ha ragione! Dai Aqua, non vedi che non può proprio farne a meno?»
« Ma.. E' un ingordo!»
« E tu sei una rospa!»
« Rospa a chi? Ripetilo se hai il coraggio!»
« Rospa, rospa, rospa!»
« Giuro che se ti prendo io..»
E le risate si diffondevano nell'aria mentre quei due s'inseguivano. Andava così e quasi sempre era più un gioco che una discussione vera e propria.
Ma cos'era l'amicizia senza qualche piccolo scherzo, senza qualche scaramuccia, senza le risate, senza le cadute?



L'unica cosa che le era rimasto era il loro ricordo.
Dubitava che avrebbe potuto realmente accettare la loro morte, ma iniziava - lentamente- a comprendere, in parte, il peso del loro sacrificio.
 
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