Buona lettura! Aspettatevi un altro capitolo (si parla di stanotte eh! XD)
Capitolo XIX
I vicoli
Non avevo idea di dove fossi. Sapevo che era un sogno, ma quella notte ero andato a dormire tardi, ed ero ancora stanco. Quindi tanto valeva vedere un po’ cosa si era inventato il mio cervello stavolta. Era notte. Mi muovevo tra dei vicoli bui mai visti prima, né dal vivo né in sogno.
Sembrava di trovarsi comunque in un quartieraccio come si deve.
Più avanti c’era un incrocio tra il vicolo in cui mi trovavo ed un altro. Mentre camminavo sentii dei passi e poi mi accorsi di qualcuno che corse veloce attraversando l’incrocio. Mi passò davanti in una frazione di secondo, e nella frazione dopo passò qualcun altro, più veloce ancora.
Incuriosito corsi loro dietro, cercando di non farmi notare. Poi, in una grossa pozzanghera, vidi il mio riflesso sfuggente. Ero molto diverso da com’ero adesso. Avevo qualcosa in bocca. Era…
Improvvisamente, mi accorsi che non stavo vivendo quel sogno. Lo stavo raccontando. Mi conoscevo, e sapevo che raccontare un sogno in un sogno non era niente di originale dalla mia mente. In ogni caso non riuscivo a vedere la persona con cui parlavo. Avevo la sensazione di sapere chi fosse, ma non riuscivo a capire chi era.
“Ho capito. Vedi quelle che hai visto riflesse nella pozzanghera erano” stava per dirmi cosa avevo visto. “Cos’erano?”.
Mi svegliai di soprassalto. Respirai profondamente per parecchie volte. Non capivo più niente.
Mi alzai e mi diressi verso il bagno: mi sarei dato una rinfrescata e sarei tornato a letto.
Appena uscito dalla porta della mia camera, restai fermo in ascolto. Non doveva essere tardi: la TV di sotto era accesa e dalle scale scorgevo la luce della cucina.
Il bagno era socchiuso e la porta era aperta.
Mia madre era dentro e si stava lavando i denti, molto evidentemente moriva dal sonno.
Il suo pigiama largo lasciava scoperto il collo, gonfio e lucido. La vedevo riflessa nello specchio sul lavandino, ma lei non mi aveva notato. Poi misi a fuoco il riflesso su un altro particolare. Tra la porta e il muro, c’era qualcosa. Un volto inumano, fissava dritto in avanti con gli occhi neri dalle venature insanguinate.
Mi resi conto che ero io. E mi facevo schifo. Ero un mostro. In un attimo, ad una velocità incredibile, ritornai in camera mia chiusi la porta e mi gettai dalla finestra aperta.